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Germogli (III puntata-III stagione)

Germogli (III puntata-III stagione)

Come comunicano e come vivono il lavoro nel settore della gastronomia i ragazzi della iGeneration?

 

'Mangiare è una necessità. Mangiare intelligentemente è un'arte', asseriva lo scrittore francese François de La Rochefoucauld. Nel 1600 non c'era però il sovradosaggio di prodotti, informazioni, consigli, ricette e pubblicità ingannevoli che i ragazzi di oggi sono costretti a dribblare.

In questo episodio di Germogli ci siamo chiesti come i ragazzi della iGeneration percepiscono il cibo dalle comunicazioni digitali, televisive e radiofoniche. Vogliamo anche indagare per capire come vedono il lavoro nel settore della ristorazione e della cucina.

 

L'etica del lavoro e la fine del 'machismo' nelle cucine sono ormai realtà, così come gli orari di lavoro ridotto e la possibilità, anche per chi sceglie queste professioni, di avere una vita privata regolare. La stessa cosa vale per tutti i lavori nel settore della ristorazione: d'altro lato, sul fronte della comunicazione, ci sono sempre più opportunità e le professioni legate alla divugazione nel campo food sono innumerevoli. Dal blog a Tik Tok, dal social media manager al copy, c'è l'imbarazzo della scelta per chi decide di fare della gastronomia raccontata il proprio lavoro. Ma tra coetanei, come si informano? E quanto hanno capito di questa professione così varia e sfaccettata?

Perché se prima della pandemia c'era la fila, ora il settore dell'enogastronomia ha perso appeal e si moltiplicano le ricerche di personale che per la maggior parte restano inevase. I fattori sono tanti, non solo economici. E richiedono una forte riflessione sul settore, che sta cambiando e che ha bisogno di una iniezione di nuove leve per poter proseguire ed evolvere come dovrebbe. Ma come siamo arrivati fino a qui? Perché lavorare nella ristorazione non è più un sogno per questi ragazzi?

Il lavoro in cucina e in sala è spesso non tutelato, poco protetto, retribuito male. Troppo spesso a fronte di un contratto part-time vengono richieste infinite ore non pagate, troppo spesso la busta paga è un'opinione, e il lavoro richiesto è duro, su turni lunghissimi, e senza tutele. Migliorare questi aspetti del settore era una priorità pre-pandemica, lo è sempre di più oggi. La situazione contingente, a livello organizzativo, è davvero complessa per i gestori. Incastrare anche solo gli orari lavorativi, con un contratto normale è davvero difficile, e costringe a equilibrismi faticosissimi per garantire le aperture, soddisfare i clienti, non obbligare agli straordinari e assicurare un presente sostenibile alle attività. Non è facile trovare persone così motivate e così flessibili, se non direttamente coinvolte nella proprietà del ristorante. Soprattutto nelle grandi città universitarie, i camerieri erano studenti, che per pagare l'affitto o mantenersi agli studi si dedicavano a questa attività, senza volerne poi fare una professione ma solo con l'intento di un lavoro stabile da svolgere compatibilmente con gli orari delle lezioni. Con la didattica a distanza e la possibilità di tornare ai luoghi d'origine, risparmiando i costi dell'affitto, questa larga parte di giovani lavoratori non è più disponibile per bar e ristoranti. Moltissimi professionisti di cucina e sala, soprattutto lavoratori dei grandi ristoranti stellati, degli hotel 5 stelle e dei locali di grande livello non si sono voluti fermare, cercando all'estero quello che in patria non era garantito. C'è un altro fattore di cui tener conto nell'analisi. Ed è la minore predisposizione dei giovani che si approcciano al mondo del lavoro nell'accettare quello che per decenni è stata – semplicemente – la normalità. Entrare a far parte di questo mondo ha finora significato sacrificarsi per la causa. Turni lunghi, orari spezzati, impossibilità di avere una vita regolare, lavoro in giorni festivi: era tutto normale, tutto accettato, tutto sommessamente parte di una filiera disposta a sacrificarsi per il sacro fuoco dell'adrenalina che il lavoro in un locale porta con sé.

 

Oggi, con la sostenibilità al primo posto e le riflessioni durante i mesi del Covid, non è più così. E se già prima della pandemia i ristoranti più celebri al mondo stavano facendo una grande riflessione sul senso profondo del sacrificio che questo lavoro comportava, oggi più che mai questo pensiero è sempre più presente. Trovare il senso è sempre meno facile, e sempre meno giovani sono aperti e disposti ad abbandonare sull'altare della ristorazione la loro libertà.

Da qualunque parte lo si guardi, il problema è evidente e pervasivo, e serve una riflessione profonda e una ristrutturazione che parta dalle fondamenta per cambiare e ricostruire il settore.

E se invece ci occupiamo di formazione, come vanno le cose nel settore? Fondato a settembre 2017, l'Istituto professionale statale per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera «Olmo» di Cornaredo è un progetto di grande livello che uno chef del territorio ha fortemente sostenuto. È Davide Oldani, due stelle Michelin conquistate sul campo e una professionalità che l'ha portato a condividere la sua esperienza fino ad Harvard. Per lui, fare da 'mentore' all'alberghiero del suo paese, è una vera grande missione. Qui Oldani mette la sua esperienza imprenditoriale a disposizione dei ragazzi, che significa sì stare in cucina, ma anche saper scegliere le materie prime, accogliere ed esprimere attraverso un piatto la competenza artigianale di un territorio. Proprio in questa sua veste di mentore e formatore l'abbiamo intervistato per Germogli, per capire come il contributo dei 'grandi' può aiutare i più giovani a comprendere meglio questo mestiere.

Dopo l'indigestione gastronomica dovuta ai tanti programmi di cucina, scoprire com'è davvero questo lavoro è una sfida che la generazione nata ai tempi del web deve saper cogliere. Non è facile per loro scindere lo show dalla realtà, ma imparare a capire meglio come si lavora all'interno di un ristorante, com'è stare in una cucina professionale e come ci si pone nei confronti del pubblico è l'unico modo per comprendere la bellezza di questo settore. Essere naturalmente empatici, accoglienti e attenti alle esigenze degli altri è il primo passaggio per passare da una semplice passione ad una vera professione, in grado di offrire grandissime soddisfazioni a chi la sceglie per la vita. La comunicazione? È varia e sfaccettata e questi ragazzi la stanno costruendo a loro immagine e somiglianza: spigliata, rapida e che non si prende troppo sul serio. Proprio come questa generazione.

 

Illustrazione: Anna Resmini


27 maggio 2022

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